venerdì 3 novembre 2017

Le fiamme di Usur - Prima parte


La possente imbarcazione era diretta all'isola di Yoldem, a bordo oltre l'equipaggio erano pochi i passeggeri paganti. Khellendrox, aveva dovuto affrontare l'inimmaginabile, il sommo sacerdote gli aveva ordinati di prendere la prima aeronave in partenza e raggiungere la capitale del Gormick, lì doveva andare al tempio della dea Tessela e insieme alla sacerdotessa Ghitesla raggiungere l'isola di Yoldem dove stavano accadendo fatti decisamente strani.

Il nano, suo malgrado non aveva potuto rifiutare e così, era salito sull'aeronave e dopo tre lunghi giorni di navigazione a molte decine di metri dal suo amato suolo aveva raggiunto i confini dello stato di Gormick e qui il comandante, recatosi nella sua cabina gli aveva dato la ferale notizia.
"Non potremo raggiungere la capitale, presto scenderemo e lei dovrà proseguire il viaggio, naturalmente a nostre spese, verso la capitale con una carrozza".
Il nano aveva protestato rabbiosamente, avanzando l'ipotesi di maledire tutti gli abitanti del Gormick, poi aveva preteso le scuse scritte della compagnia e infine un rimborso in contanti per la scomodità del viaggio al quale si era dovuto sottoporre "e non finisce qui!" aveva finito le sue rimostranze schiumando di rabbia "e pensare che avrei potuto tranquillamente scomodare Moradin e farmi teletrasportare con il mio potere, cialtroni!".
Il comandante a quelle ultime parole aveva girato sui tacchi ed era uscito dalla cabina borbottando qualcosa di incomprensibile in una lingua che sperava fosse sconosciuta al chierico.
Khellendrox appena presa la carrozza aveva pensato bene di istruire un grazzioso opossum perché mandasse un messaggio alla sacerdotessa, naturalmente aveva iniziato il breve discorso che l'opossumo doveva ripetere presentando le proprie scuse per il ritardo accumulato e dopo aver scelto le parole adatte aveva informato Ghitesla del luogo che avrebbero dovuto raggiungere e delle disdicevoli scomodità del viaggio.
La carovana raggiunse la periferia dell'immensa capitale dopo soli, a detta del cocchiere, due giorni di galoppo senza sosta.
Le guardie vedendo i documenti che il nano gli sventagliò sotto il naso dovettero arrendersi all'evidenza, non avrebbero in alcun modo fermare la marcia di quel chierico neppure se la città fosse stata in quarantena, così decisero di non fare i soliti controlli di routine sul bagaglio e lasciarono che la carrozza oltrepassasse il sontuoso arco di trionfo e si addentrasse nella metropoli.
Quando il nano scese dalla carrozza, malgrado non la conoscesse e non avesse di lei una descrizione, la riconobbe. Seduta su una panca era vestita sobriamente indossando una lunga tunica cremisi, i corti capelli ramati le conferivano un aura austera e lo sguardo pungente che lo squadrò da capo a piedi lo fecero trasalire.
"Sacerdotessa, mi spiace dell'attesa, una serie di disguidi e intralci hanno rallentato paurosamente il mio già faticoso viaggio, spero che il prosieguo sia meno caotico".
Lei si limitò a sorridere e il suo viso si illuminò come se la dea avesse emanato in lei l'energia sufficiente per alimentare tutta quanta la capitale.
"Non dispiacetevi troppo, avevo del lavoro da sbrigare e il vostro ritardo mi ha dato il tempo di istruire la mia seconda e le altre ancelle per quanto riguarda i riti che dovranno compiere in mia assenza" poi seguendo il nano verso il porto aggiunse "le voci che mi son giunte dall'isola non sono affatto buone, spero solo che passando di bocca in bocca non siano state, inevitabilmente ingigantite".
"Ingigantite dite" disse il nano cercando di nascondere il fiatone che quella passeggiata inattesa sotto il sole gli stava procurando.
"Controlleremo di persona e sappiamo entrambi che avremo la forza di risolvere ogni questione".
"Certamente" si limitò a chiudere il discorso il chierico mentre guardava la superficie del lago leggermente increspata davanti a loro.
Erano poi saliti a bordo ed avevano preso posto a prua godendosi il panorama.
"Ditemi, pensate di cercare una via diplomatica o andare direttamente al sodo della questione e tranciare ogni dubbio?" chiese la donna appoggiandosi alla balaustra.
"La via diplomatica la lascio a voi, io userò la via di questa" le tozze dita fecero tintinnare ritmicamente la testa del martello che teneva legato al fianco "ma non temete, sarete voi a fare la prima mossa, non vorrei che le nostre intenzioni fossero causa di trambusto per gli ignari giovani maghi".
La donna dopo aver ascoltato il nano sembrò rilassarsi poi accennando ad un sorriso e mostrando un rinnovato ottimismo disse che avrebbe parlato sicuramente con Krymjil e nel caso gli avrebbe ricordato che malgrado l'isola si era data uno statuto e un ordinamento secessionista rispetto alla capitale, lui le doveva rispetto e probabilmente anche qualcosa di più.
Il chierico vedendola così risoluta pensò, sbagliandosi, che sarebbe stata una questione di poche ore e poi sarebbe tornato a casa dove i suoi studi lo stavano attendendo.
All'attracco due giovani maghi stavano attendendo il chierico e la sacerdotessa, dopo i saluti di rito piuttosto freddi i due accompagnarono i visitatori al castello dove l'arcimago li stava attendendo.
Come da accordi quando entrarono nella grande sala Khellendrox lasciò parlare Ghitesla.
"Non è la nostra magia a scombussolare il lago e a far morire il pesce e neppure a illuminare il cielo creando fuochi che incendiano i boschi delle colline. Qualcosa è sbucato da un portale e sta divorando letteralmente l'isola e se non lo fermiamo non avrà pace e arriverà sulla terra ferma".
Krymjil sembrava sincero e quando il nano tentò di sondarlo con uno dei suoi incantesimi egli non oppose nessuna resistenza, le sue intenzioni erano pure, egli aveva paura e non solo nei confronti dei due arrivati ma soprattutto di ciò che inspiegabilmente stava accadendo nei dintorni.
"Ditemi che ve ne occuperete, giuratemelo!" urlò con voce strozzata.
Glitesla diede una fugace occhiata al nano poi portò il suo sguardo sul mago "ma certo, se è così grave come dite non c'è un attimo da perdere".
L'arci mago che aveva passeggiato nervosamente avanti e indietro tra la finestra e la porta narrando gli ultimi accadimenti andò a sedersi stancamente sul suo trono portandosi le mani al volto coprendolo.
"Sono stato uno stupido, pensavo di poter porre rimedio da solo a questa cosa e così..."
"Così avete lasciato che il tempo trascorresse inesorabile e i problemi hanno avuto briglie sciolte" grattandosi la barba il nano guardò fuori dalla finestra, poi tornò a guardare l'esile elfo. Quella razza spocchiosa non gli era mai piaciuta ma ora era tempo di mettere da parte le sue manie e per il bene comune prendersi in carico il problema e risolvero al più presto.
"Come pensate di procedere?" chiese alla sacerdotessa.
"Inizieremo andando a vedere le bruciature e poi, questa notte osserveremo il cielo sperando che le luci tornino a risplendere...

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